SIAMO INNOCENTI LO DICE LA MAFIA (0071)


(Il Fatto Quotidiano – Anno 1 – Numero 71)
Domenica, 13 Dicembre 2009
SIAMO INNOCENTI LO DICE LA MAFIA

Mentre i Graviano, Berlusconi e Dell’Utri trattano ormai alla luce del sole, sotto i riflettori delle telecamere, senza più nascondersi dietro le quinte, mentre cioè il fuoriscena irrompe sulla scena politico-mediatica con una chiarezza solare, giornali e tv fanno a gara a chi nasconde meglio ciò che è impossibile occultare. I titoli dei quotidiani e dei tg sono esemplari. Corriere della Sera: “Il boss smentisce il pentito”. Il Giornale: “Paperissima in tribunale. Smascherato il bluff del pm”. L i b e ro : “Ora tocca ai pm pentirsi. Sberla alle procure. Il boss Graviano in aula ridicolizza le rivelazioni di Spatuzza. Il castello di accuse contro Berlusconi crolla”. Oh bella: quando mai la parola di un boss mafioso non pentito diventa oracolo per sbugiardare quella di un mafioso che collabora con la giustizia accusando se stesso e i complici? Se così fosse, Falcone e Borsellino non avrebbero mai istruito un solo processo a Cosa Nostra, visto che tutti i boss han sempre “smentito”, “sbug iardato”, “s m a s ch e ra t o ” i pentiti Buscetta, Contorno e Calderone sui quali si imperniò il famoso maxiprocesso. Durante il quale, com’è normale in uno Stato di diritto, furono ascoltati i capimafia dell’epoca. Tutti, da Michele Greco a Pippo Calò, da Luciano Liggio a Vito Ciancimino ai cugini Salvo, vennero interrogati in aula. E tutti dissero che i pentiti che li accusavano si erano inventati tutto. Ma a nessuno venne in mente di prendere per oro colato le
loro smentite autoassolutorie. Anzi, il fatto che i capimafia smentissero i pentiti rafforzò l’attendibilità dei pentiti medesimi. Infatti i boss furono tutti condannati. Lo stesso è accaduto nei processi di Caltanissetta e Firenze per le stragi del 1992-’93: decine di pentiti accusavano Riina, Bagarella, Aglieri, Biondino & C., questi smentirono e furono tutti condannati. A nessun giornale o tg venne mai in mente di titolare: “Riina smentisce Brusca, dunque è innocente”. E’ piuttosto arduo, del resto, trovare un delinquente irriducibile che confessa i propri delitti e chiede al giudice di condannarlo all’ergastolo. Eppure capita spesso che i delinquenti irriducibili vengano condannati all’ergastolo anche se si proclamano innocenti. Ora, essendoci di mezzo Berlusconi e Dell’Utri, la logica viene rovesciata, con grave sprezzo del diritto, e anche del ridicolo. “Ma davvero – si domanda sulla Stampa Francesco La Licata, uno dei pochi che non hanno ancora smarrito il ben dell’intelletto – qualcuno pensava che i Graviano, mafiosi ancora saldamente ancorati alla loro ‘ideolog ia’, si sarebbero consegnati alla magistratura, così, nel corso di un processo pubblico, senza nessun accordo preventivo e senza un ‘c o n t ra t t o ’?”. Gli fa perfidamente eco Riccardo Barenghi nella rubrica “Je n a ”: “I boss mafiosi hanno salvato Dell’Utri e Berlusconi: detta così, come suona?”. Basta un paio di occhi aperti per vedere
ciò che accade a cielo aperto in questi giorni mefitici. Eppure c’è chi fa di tutto per non vedere, confondere le acque, mescolare le carte. Non solo i turiferari prezzolati di Mr. B, ma anche gli osservatori “indipendenti”. Tipo il solito Sergio Romano, che sul Corr iere sfida il principio di non contraddizione parlando di “discordanti testimonianze di Spatuzza e Filippo Graviano”, per concludere: “Ciò che conta, dal punto di vista processuale, è che il primo è stato smentito dal secondo”. E bravo l’ambasciatore. La Corte d’appello che sta giudicando Dell’Utr i (condannato in primo grado sui racconti di una ventina di pentiti, riscontrati da intercettazioni e documenti neutri, con una sentenza infinitamente più dura delle parole di Spatuzza) prenda buona nota e tragga le debite conclusioni: siccome Spatuzza è smentito da Filippo Graviano, ma anche da Riina, Provenzano, Aglieri, Bagarella e altri attendibilissimi gentiluomini, allora Dell’Utri è innocente. Lo dice pure Minzolini, e persino Dell’Utri. Quindi dev’essere vero.

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