L’AUTODIDATTA GASPARRI (0008)


(Il Fatto Quotidiano – Anno 1 – Numero 8)
Giovedi, 1 Ottobre 2009
L’AUTODIDATTA GASPARRI

Il senatore Maurizio Gasparri ha questo di bello. Appena la sua faccia compare in tv e la sua bocca comincia a emettere rumori, monta nel telespettatore un'irrefrenabile curiosità: ma i testi se li scrive lui o provvede una squadra di appositi parolieri? Pare, da fonti sicure, che faccia tutto lui: è un autodidatta. Le gasparrate le fabbrica in casa, gli vengono su così, spontanee. L'altra sera l'Autodidatta rumoreggiava a Ballarò in tandem col ministro Raffaele Fitto sullo scudo fiscale. Naturalmente lui non sa nulla dello scudo, ma questo è l'altro suo àtout: non sapendo niente di niente, riesce a dibattere su ogni argomento dello scibile umano con la stessa enciclopedica incompetenza. Purtroppo, in studio, c'era anche uno che ci capiva: il procuratore di Torino, Gian Carlo Caselli. Non potendo stargli dietro con argomenti plausibili, per manifesta inferiorità, il duo Gasparri&Fitto la buttano subito in caciara. Fitto accusa i magistrati di “invadere il campo della politica”: essendo stato rinviato a giud izio due volte, parla da esperto di invadenza della politica nel codice penale. Essendo indagato con Alfano per aver tentato di stroncare la carriera al pm che indagava su di lui, è un bell'esemplare di invadenza della politica nella magistratura. Ma nessuno lo fa notare. Poi scende in lizza l'Autodidatta, reduce da una puntata di Omnibus in cui, senza contraddittorio, accusava un giornalista, uno a caso, di frequentare mafiosi. A Ballarò sistema subito Marino, dandogli del ladro per una storia nebulosa di note spese, e chiede a Caselli se non abbia niente da dire (forse pretende che glielo ammanetti lì, su due piedi). Poi domanda a Caselli come si sia permesso di non processare Agnelli. All'obiezione che, quando Agnelli era vivo, Caselli era a Palermo, bercia: “Agnelli era ‘na metafora”, dal che si deduce che ignora il significato di metafora. Gli sfugge pure che la Procura di Torino ha processato la Juventus e fatto condannare il presidente Fiat Cesare Romiti per falso in bilancio, prima che il partito di Gasparri lo depenalizzasse cancellando la condanna di Romiti. Caselli comunque replica di non poter parlare di processi in tv. E l'Autodidatta erutta: “Allora se non può parlare se ne stia a casa!”. Caselli, scherzando, prega Floris di invitarlo ancora, altrimenti qualcuno potrebbe pensare a un Editto Gasparri e lui sentirsi un piccolo Biagi. Il pover'uomo, con l'aria spaesata di chi s'è appena svegliato dal coma, flatula: “Lei mi minaccia, un magistrato mi sta minacciando!”. Nella pausa pubblicitaria qualcuno dei suoi, col dovuto tatto, deve avergli spiegato la differenza fra una battuta e una minaccia: infatti, alla ripresa, l'uomo pare più tranquillo, quasi sedato. Ora, in controtendenza con Gasparri, la questione è un po' seria. I giornalisti devono rispondere a una miriade di regole che non bastano mai, infatti Scajola e Romani ne fabbricano altre à la carte.
Contraddittorio, par condicio, risarcimento danni morali-patrimoniali-biologici-d'immagine, diffamazione, divieto di pubblicazione di notizie non segrete e intercettazioni, multa, ammenda, oblazione, privacy, Garante, Agcom, Cda, Dg, Vigilanza, Tar, Consiglio di Stato, contratto di servizio, equilibrio, completezza, diritti individuali, occhio imparziale, cravatta dialogante, baffo bicamerale, calzino bipartisan e le palle di Fra' Marzo. Dopodichè il primo politico che passa per la strada piomba in tv come fosse casa sua e comincia a dare del ladro a questo e del mafioso a quello, tanto è autoimmune e non si riesce a processarlo nemmeno se lo chiede in ginocchio
(vedi il povero Fini). Ma si può?

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