
(Il Fatto Quotidiano - Anno 1 - Numero 82)
Martedi, 29 Dicembre 2009
IL PANETTONE DELLA LIBERTA'
Il guaio è che a raccontare quest’Italia ridicola agli italiani sono (siamo) i giornalisti italiani, troppo immersi in quest’Italia ridicola per riuscire ad
accorgersi (ci) di quanto è ridicola. Non è un caso se, a notarlo, sono quelli stranieri i quali, oltre a non dipendere a Berlusconi, hanno pure il vantaggio di non essere italiani. Dunque guardano l’Italia con qualche palmo di distacco. Perciò considerano Mr B. una via di mezzo fra un caso comico e un caso clinico. Ora ferve il dibattito sul cinepanettone “Natale a Beverly Hills”, finanziato dal ministero della Cultura per il suo particolare pregio artistico, anzi “d’essai”. Infatti narra le gesta di Aliprando Delle Fregna e di Rocco Passera in un sottile gioco di
chiaroscuri, di dire-non dire. E tutti a scandalizzarsi per i fondi pubblici, anziché per la faccia del ministro che li eroga. Ma l’avete presente Bondi? È quello che si crede un poeta, avendo sciolto un carme a Fabrizio Cicchitto e per restare in tema, sull’ultimo numero di Vanity Fair, un’ode a Grispi e Casper, i suoi due cani: “Vi accontentate di sbadate carezze / I vostri occhi pregano per noi”. Da pelle d’oca. Imbarazzato lui stesso per i contributi ministeriali Christian
De Sica rilascia una pensosa intervista al Corr iere (ormai specializzato nel genere: Pigi Battista ha appena intervistato Checco Zalone, forse per non dover parlare del segreto di Stato sugli spionaggi illegali del Sismi). E lì si avventura in blasfemi paragoni con i film di suo padre e in spericolate analisi sociologiche sul cinepanettone “specchio dell’Italia di oggi”. L’Italia di oggi, per quanto malmessa, è molto meglio di quella che esce dai film di De Sica. Ma chi corre a
vederli lo fa con lo stesso spirito con cui guarda il Grande Fratello e assiste ai dibattiti in Parlamento e a Porta a Porta: per consolarsi alla vista di qualcuno peggiore di lui. Ora si lavora alacremente alla sceneggiatura del prossimo cinepanettone, “Natale ad Arcor Hills”, che andrà in onda a schermi e teleschermi
unificati. Scena I, interno notte: un anziano latrin lover brianzolo con testa bitumata e accappatoio bianco si fa recapitare a domicilio ponti aerei di
escort, veline, meteorine e aspiranti soubrettes minorenni che lo chiamano Papi, ricompensate con farfalline d’oro tempestate di brillanti, ministeri, seggi parlamentari e candidature alle elezioni europee e comunali. Scena II: l’attempato
gagà intona l’inno del suo partito, “Meno male che Silvio c’è”, accompagnato alla chitarra da Apicella, poi allieta la compagnia con vari lungometraggi sui
suoi colloqui con l’amico Bush e l’amico Putin, tentando poi di finirla con alcune storielle sconce già scartate da Neri Parenti perché troppo volgari e da Alvaro Vitali perché troppo vecchie. Scena III: le rare fanciulle sopravvissute al cineforum con barzelletta vengono ammesse all’esclusiva visita guidata nei bagni presidenziali e/o nel lettone di Putin. Scena IV: il pover’ uomo, giudicato molto
malato anche dalla moglie Veronica, dall’ex presidente Ciampi e da plotoni di psichiatri, incontra in piazza Duomo un collega psicolabile che lo centra con un souvenir. Il classico regolamento di conti. Scena V: l’infer mo, amorevolmente assistito dalla badante Bonaiuti al capezzale del San Raffaele e poi di villa San
Martino, inizia a molestare telefonicamente le massime autorità civili, militari e religiose, compresi il capo dello Stato, il Pontefice e don Pierino Gelmini, a sua volta imputato per molestie su una decina di ragazzini e scaricato persino dal
Vaticano. In quella sede, la più indicata, il nonnetto incerottato inizia a parlare come Cicciolina e lancia il Partito dell’Amore. Scena VI: anziché chiamargli
un’ambulanza, la stampa al seguito e il Pd lo prendono sul serio e lo scambiano per un padre costituente. Nasce la Grande Riforma. The end.
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